Contro l’unità nazionale

Oltre alle analisi individuali.. (Su-quanto-successo-a-parigi-il-7-gennaio, Io no, non sono Charlie, Guerra sporca di ritornoPericolose idiozie terzomondiste, Peggio per tutti. di Cahrlie Hebdo, della République e dell’apocalisse, Io non mi dissocio da niente,  L’ATTENTAT CONTRE CHARLIE HEBDO : L’OCCULTATION POLITIQUE ET MEDIATIQUE DES CAUSES, DES CONSEQUENCES ET DES ENJEUX, Union national, L’insostenibile leggerezza di essere Charlie), parlano anche i volantini di alcune manifestazioni convocate in questi giorni a Parigi..

 

L’unità nazionale, arma di guerra

Chiamata 11 gennaio alle 14h30 métro St Ambroise. 
Non cadiamo nella trappola in cui le due morse sono il patriottismo civilizzato sotto bandiera francese, o la ferocia armata sotto bandiera sacra. Cerchiamo di rompere questi discorsi, questo scenario che ci è proposto, questo consenso sullo choc di civilizzazioni, questa strumentalizzazione nazionale, questa fiera aperta alle leggi repressive.

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Su quanto successo a Parigi il 7 gennaio..

7.1.2015. 23.14. scrivevo:
ieri mattina ho buttato giù un testo sulle sentinelle. ho usato parole come fondamentalista, fascista, violenza (in più versioni..), odio, privilegio, mortifera, crudele. stamattina questo. LA VIOLENZA. eppure davanti a questo, l’uso di quegli aggettivi non li rinnego neanche per un minuto. non li rinnego. la testa mi vola confusamente per associazione ai “civili” stati uniti, quelli in cui si uccidono i medici che praticano l’ivg. al militante di casa pound gianluca misseri, che ha aperto il fuoco a firenze. a chi è stat_ suicidat_ dalla morale cattolica. agli algerini e alle algerine ammazzate in francia cinquant’anni fa (che non era terrorismo quello?). ecco, l’uso di quegli aggettivi me lo rivendico, proprio dopo tutto questo. contro chi vuole mostrare che il fondamentalismo è solo uno, o che la barbarie è solo da una parte. che ci sono culture e religioni intolleranti e altre no. per dire, mi incazzo e mi sono incazzata in senegal, quanto in queste itaglie. ho cercato e cerco di trovar modo per parlare e disinnescare, in senegal, quanto in queste itaglie. entrambe in ampissima parte sessiste e omofobe. la verità però è che, nonostante l’idiozia mainstream cerchi di ricondurla su questo piano,  sull’ennesima contrapposizione noi/loro, questo non è proprio il punto. stamattina ho avuto paura, di quanta violenza fascista e razzista quello che è successo oggi possa scatenare. ho avuto paura e ne ho ancora. e sentire prima in radio i deliri di borghezio non ha aiutato. come leggere della protervia di quel pezzo di merda di bitonci (andatevi a cercare voi cosa ha detto sul sito del mattinodipadova, io non voglio più dare eco a quel giornale). le misure repressive che da oggi si aprono. la consapevolezza che non sarà facile. il delirio islamofobico che sarà ancora più devastante. e che temo ci allontanerà sempre di più, da quei giovani delle “comunità migranti” di cui si parlava nel testo di dinamopress, che comunità migranti ormai non sono. sono “europei” e si son beccati per decenni il razzismo, l’esclusione, la guerra, con altri mezzi. la racaille (ricordiamo?). sto di merda. e avrei voglia di fumare una cicca che non finisca più. secco la bottiglia. saluti.”
 
Prima mi son svegliata pensando di tradurre un testo, ma ho visto che i compagn* di infoaut l’han già tradotto stanotte. Quindi l’ho ripigliato da loro, e lo rimbalzo riletto anche qui, perché c’è bisogno di cercare di ragionare. Perché a me, ora, il problema da porsi sembra come disinnescare il fatto che il fascismo fondamentalista islamico si diffonda come contro-cultura fica, movimentista, “futurista” nel deserto sociale ed economico francese, quello del razzismo e della guerra alla povertà. (Oltre ad impegnarsi e moltiplicare le lotte antifasciste, antirazziste, antisessiste, antideportazioni, in Francia, in Italia, in Europa). Come e cosa fare, senza partecipare alla mission civilizatrice coloniale e razzista repubblicana. Come e cosa fare, senza indugiare in pietismi, buonismi, o autocensure. E’ il problema di sempre, quasi inaffrontabile, ma forse l’unico che può portare a qualcosa.

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ZAD e violenza poliziesca: testi dalla francia.

Le ZAD sono la realtà di autorganizzazione politica dal basso che si stanno diffondendo in Francia da qualche anno.

L’acronimo deriva dalla dicitura governativa Zone d’Amengament Différé, Zona di pianificazione differita, con cui viene definita negli atti ufficiali dal potere esecutivo una zona  in cui è previsto un grande progetto urbanistico di rilievo “”pubblico””. Per esempio quella parte di territorio della Bretagna in cui è prevista la realizzazione di un aeroporto, nuove strade e l’espansione dell’attuale porto. Nel luglio del 2011, in chiave anti-capitalista ed ecologista, proprio qui a Notre Dame des Landes, inizia una mobilitazione, che ricorda quella NOTAV (oltre che essere ad essa solidale): trasversale, per quello che riguarda le generazioni e le culture politiche, in conflitto esplicito con il partito al governo di centro-sinistra, luogo di sperimentazione di pratiche di autogestione, accogliente verso la molteplicità delle forme di azione senza però perderne in radicalità.

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Per Rémi Fraisse e gli altri. Per noi.

pubblicato il 5 novembre 2014 qui 

Il sito Face aux armes de la police, costituito a seguito  delle mutilazioni per flashball, a montreuil, diffonde un appello ad organizzarsi perché la calma e il silenzio non si installino.

PER REMI FRAISSE E GLI ALTRI. PER NOI.

Dalla ZAD di NDdL a quella di Sivens passando per la lotta anti-TAV a Valognes, da Montreuil a Blois giovedì 30 novembre, passando per Montbéliard, Villiers, Clichy-sous-Bois, Bondy, Trappes, Villetaneuse, les Tarterêts, etc. Là dove la bandiera repubblicana sventola ancora in quelle che bisogna proprio chiamare colonie, a Mayotte e alla Reunion; di manifestazioni in operazioni militari; dalle mutilazioni a accecamenti – accumulazione di volti sfigurati, pezzi di metallo che si infilano nella carne, tendini sanzionati, piedi e mani strappate, vite distrutte, fratelli assassinati.

La polizia fà il suo sporco bisogno, proteggere un ordine assurdo, superquipaggiata e dispondendo per l’occasione di vere e proprie armi da guerra. Bisognava che il peggio arrivasse e ciò che stupisce è che non sia successo prima. Uno di noi, Rèmi Fraisse, è morto per aver dato corpo ad un modo di percepire il mondo, per essersi opposto in atto all’avanzata del deserto quando sarebbe stato comodo restare a casa. Che il pensiero sia altra cosa che un affare privato e senza conseguenze, che chiami a gesti e che si incarni in un modo di vivere, ecco ciò che non potrà mai capire l’idiozia di un piccolo notabile socialista per il quale è “un po’ scemo e assurdo morire per le proprie idee”.

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Lettera aperta alla madre di Rémi

Questa lettera è stata scritta da Farid El Yamni, fratello di Wissam – ucciso dalla polizia il primo gennaio 2012 – alla madre di Rémi Fraisse. (Intanto ieri a Parigi, nuova manifestazione, non autorizzata, lanciata dall’Assemblea di Lotta per Rémi: dispositivo repressivo fotonico.. 600 celerini…. 18 fermi.. 100 persone prese su per controlli…  tra cui militant* aspettat* e pres* tipo a 8 km dal luogo di concentramento..  qua ne trovate un ottimo report scritto da un compagno che sta seguendo e participando alle mobilitazioni)
Proprio quando a Parigi si condannano le manifestazioni violente e si affittano sit-in pacifici, vi scrivo questa lettera.
Ho perso mio fratello in condizioni assai simili a quelle in cui avete perso vostro figlio. Mio fratello che si prendeva cura di mia madre ci ha lasciato, non tornerà più. La perdita di mio fratello è stata sul colpo un dolore immenso che risento ogni volta che lo Stato uccide di nuovo. « Là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva» diceva qualcun’uno. Ogni volta che lo stato uccide si ha anche l’opportunità di fermarlo, di costringerlo a cambiare e restituire la dignità persa a tutti gli altri.

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A Rémi.

Testo di un volantino diffuso nella manif di stasera a Lione

E ORA, CHE SI FA?

Per quelli e quelle che erano present* questi ultimi sei mesi a Testes, per quelle che c’erano sugli scontri della ZAD di Notre-Dame-Des-Landes, per coloro che almeno una volta si sono ritrovati davanti ad una linea di sbirri, un’evidenza si impone: né eccessi, nè “morti sospette”, qua si tratta di assassinio.

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La fabbricazione artigianale dei conforti affettivi

Qualche settimana fa, si andava in macchina tra le prealpi, alla ricerca di un posto. Si era in due, io e un’altra ragazza, nuovo bell’incontro di questi mesi. Tra tornanti e incroci sbagliati si parlava di intenzioni, bisogni e desideri. Così lei mi parla del suo bisogno di parlare collettivamente di coppie, o meglio di come smantellarle in tutto quello che hanno di esclusivista, monogamico, chiuso e non libertario. Ha piani e idee in testa, sul come farlo.

Tornata a casa mi ricordo che c’è quel sito.biblioteca dove ci sono un sacco di cose, e penso che lì c’è di sicuro materiale utile con cui confrontarsi nel portare avanti concretamente quei piani. E finisco su questa brochure femminista che viene da grenobles.. La fabrication artisanale des conforts affectifs.

L’ho tradotta.. e qui la trovate.La fabbricazione artigianale dei conforti affettivi

Non parla solo di coppie amorose a due, ma più in generale di relazioni, affettive, intime, complici.. come le si vuol chiamare. Sono esperienze concrete, situate e soggettive, e soprattutto laiche (ovvero che non parlano per parole d’ordine, ma anzi cercano di essere vigili sulle normatività tutte, anche quelle presupposte “militanti”), sul come gestirsi le paure, le contraddizioni, l’affidarsi, i distanziamenti, i fallimenti, le moltiplicità e la complessità dei desideri (di corpi, di tempo con, di posizionamenti, di..).. in modo etico, onesto, responsabile, libertario.

buona lettura!

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navigare a vista

navigare a vista. l’ho fatto da ragazzina, in adriatico, e poi tra due isolette, in quel pezzo di mediteranneo in cui sarei andata per un po’ a vivere una decina di anni dopo. sei lì a prua, in quel momento in cui il blu intenso svanisce, guardi l’acqua, te la vedi scorrere sotto, con le sue trasparenze, e gli scogli che ti si presenziano alla vista. navigare a vista, appunto. è un’arte radicalmente sperimentale per mettersi in mare in sicurezza. è un’arte radicalmente sperimentale e sì, usiamo la parola “materialista”, per starsene al mondo in sicurezza. trasposto, torna, per l’ennesima volta, gilles, baruch, e l’etica.
dalla lezione del 3 febbraio 1981, vincennes
“Se si trattasse di selezionare semplicemente le gioie, eliminando più che posso le tristezze, sarebbe già qualcosa. Ma per Spinoza, non sarebbe.. non sarebbe una vera arte di vivere. Perchè? Perché non ci sono due linee pure, ed è qui che diventa importante, e tutto il terzo libro lo mostra bene. Non ci sono due linee pure: una linea di tristezza e una linea di gioia. Non c’è una linea dove le tristezze si incatenano con le tristezze e una linea in cui le gioie si incatenano con le gioie. Perché? Perché le linee di tristezza sono loro stesse ritmate da gioie di un certo tipo. Le linee di gioia sono esse stesse ritmate da tristezze di un certo tipo. Solo, quello che conta.. – vedete, siamo quasi riconfortati.. -, quello che conta, è che le gioie che intervengono sulle linee di tristezza non sono assolutamente della stessa natura che le gioie che intervengono sulle linee di gioia.
La linea di gioia, cosa è? Tutto quello che si concatena a partire dal mio incontro con un corpo che conviene con il mio. (…) Allora voi avete una linea di gioia: gioia, amore per la cosa che vi dona gioia, eccetera.. Questa volta, in cosa si tratta di gioie di un’altra natura che le gioie che intervengono sulle linee di tristezza? (.. che) saranno dirette e complete, cioè che proverete della gioia per la cosa stessa. E la vostra potenza aumenterà.

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Di solidarietà e complicità con la resistenza palestinese..

lascio qui uno stralcio di una conversazione appena avuta con una sorella che è in cisgiordania da parecchi mesi, e che la cisgiordania la conosce bene. non parla da gaza, e quindi si tratta di una prospettiva diversa da cui sta vivendo, e da cui le persone palestinesi con cui lei vive, stanno vivendo il massacro in corso. però penso che possa interessarvi comunque.. nel senso a me è servito per riflettere un attimo ancora di più sul senso delle azioni che possiamo stare portando avanti in questi giorni.  

“io: stasera vado qua per quel che nulla serve.. stan circolando mail per raccoglier su medicinali, boh. ma tanto mi sa che c’è ben poco che si possa fare…

lei: in realtà i palestinesi sono super contenti delle manifestazioni in europa e ringraziano..dicono che nemmeno gli arabi hanno dato solidarietà. e a me hanno chiesto di organizzare manif quando torno.. per es. l’italia si è astenuta dall’appoggiare l’indagine dell’onu sui crimini di guerra di israele.. quindi questo è un punto di pressione importante da fare internamente e da portare nelle strade e mostrare le complicità.. perchè il senso di impotenza è trasversale che siamo italiani europei o palestinesi. ma allo stesso tempo ci siamo tutti dentro. secondo me questo è da portare nelle piazze. le manifestazioni oggi dovrebbero essere anche contro il governo italiano… 

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Chi sono i perversi?

Erano i primi mesi a dakar, nel 2011. Mi muovevo ancora solo con i bus di linea.. perché le traiettorie non scritte, esoteriche oserei dire, che definiscono i quasi fissi percorsi degli scassatissimi ndagandiaye e car rapid, non mi erano ancora note (che poi non è che me lo siano tutte anche ora.. è una conoscenza che guadagni frequentando bene i quartieri, avendo familiarità con i nomi popolari degli incroci, delle vie, dei mercati..).

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