Lettera aperta alla madre di Rémi

Questa lettera è stata scritta da Farid El Yamni, fratello di Wissam – ucciso dalla polizia il primo gennaio 2012 – alla madre di Rémi Fraisse. (Intanto ieri a Parigi, nuova manifestazione, non autorizzata, lanciata dall’Assemblea di Lotta per Rémi: dispositivo repressivo fotonico.. 600 celerini…. 18 fermi.. 100 persone prese su per controlli…  tra cui militant* aspettat* e pres* tipo a 8 km dal luogo di concentramento..  qua ne trovate un ottimo report scritto da un compagno che sta seguendo e participando alle mobilitazioni)
Proprio quando a Parigi si condannano le manifestazioni violente e si affittano sit-in pacifici, vi scrivo questa lettera.
Ho perso mio fratello in condizioni assai simili a quelle in cui avete perso vostro figlio. Mio fratello che si prendeva cura di mia madre ci ha lasciato, non tornerà più. La perdita di mio fratello è stata sul colpo un dolore immenso che risento ogni volta che lo Stato uccide di nuovo. « Là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che salva» diceva qualcun’uno. Ogni volta che lo stato uccide si ha anche l’opportunità di fermarlo, di costringerlo a cambiare e restituire la dignità persa a tutti gli altri.

Nella morte di Rémi si annoda molto di più che la storia di una vita, si annoda la vita nostra, di noi tutti, individualmente e collettivamente. La criminalizzazione che è stata operata è terribile, ed è stata la stessa cosa per noi. Ho capito molto dopo che era voluta. Non volevo che una cosa, che la Giustizia facesse la verità e rendesse la dignità che meritava mio fratello, nella calma, e che questa storia servisse a tutti, a noi governati per volerci più bene e alla polizia per riconciliarsi con la nazione. Non pensavo che la polizia potesse accettare nei suoi ranghi assassini, non la conoscevo abbastanza all’epoca. Mi sbagliavo. I quartieri si sono incendiati, e noi abbiamo chiamato alla calma: ogni macchina o ogni cassonetto bruciato era vissuto come un insulto, come una spina in pieno cuore, una spina sulla quale si premeva.
Poi il tempo è passato, ci hanno promesso la verità, ma non abbiamo avuto che bugie, false promesse, come molti altri  prima di noi. Ci avevano avvertito, ma non ci credevamo. François Hollande stesso, aveva preso mia madre tra le braccia e le aveva promesso che ci avrebbe aiutato a far luce sulla morte di suo figlio. Senza giustizia e verità, si viveva il tempo che passava come una condanna. Eravamo sempre in prigione, a soffocare e a chiamare la Giustizia in aiuto.
E poi abbiamo capito che il nostro caso non era isolato, che tante altre famiglie vivevano e vivono la stessa cosa. Ci sono così tante umiliazioni e mutiliazioni commesse coscientemente dalla polizia e coperte dalla giustizia, tante!
Abbiamo anche scoperto il modo di pensare dei poliziotti, fa rabbrividire la schiena. Ecco un esempio: Mercoledì scorso, dopo la manifestazione su Parigi, uno dei poliziotti mi ha detto  « 1-0 » davanti ai suoi altri colleghi al commissariato, che schignazzavano vedendo che tiravo fuori la t-shirt «Urgence la Nostra Polizia Uccide ». Nessuno l’ha ripreso, nessuno.. Esempi di questo tipo, molti francesi li vivono quotidianamente, non ne possono più di questa polizia e non ne vedono la fine.
Capisco l’appello alla calma, l’abbiamo fatto anche noi. Capiate ugualmente che molte persone non credono più in questo sistema che dà un’impunità di fatto alla polizia. Capiate che si può concepire la non-violenza solo a condizione di supporre che il campo di fronte sia capace di rimettersi in discussione: ne sono umanamente incapaci, perché considerano che rimettere in discussione la polizia, sarebbe rimettere in discussione lo stato. Da 40 anni la polizia uccide impunemente, a ripetizione. Da 40 anni si assiste allo stesso meccanismo per affossare gli assassinii di stato, nonostante i video, i testimoni, le prove. Da 40 anni, ci sono sit-in, manifestazioni, libri, prese di posizione di uomini politici, appelli indirizzai al ministro degli interni. Da 40 anni, tutto questo non funziona.
Ecco cosa succede: comunicato stampa AFP (agenzia di stampa francese), menzogne del procuratore, inchiesta di cattiva qualità e monca per arrivare ad una condanna ridicola dopo numerosi anni, se non ad un’assenza di condanna. Il peggio è che coloro che seppelliranno il caso avranno promozioni, e coloro che hanno ucciso i nostri fratelli, figli o amici, saranno trattati come campioni dai loro colleghi. Questa è la realtà che vivrete anche voi.
Manuel Valls dice che le violenze sono insulti alla memoria di Rémi, ma sappiate che Manuel Valls per la sua inazione a combattere l’impunità poliziesca, è il primo assassino di vostro figlio. è un criminale recidivo. è venuto a Clermont-Ferrand (a casa di Wissam) una settimana prima che fosse reso il rapporto di contro-autopsia di cui sapeva gli esiti, e ha parlato del caso solo per condannare meglio le violenze di coloro che l’uccisione di mio fratello aveva fatto rivoltare.
Signora, le persone si battono per Rémi, per la loro dignità e per i loro ideali. Si battono per tutti, per noi tutti, perché la fratellanza sia effettiva. Coloro che si battono conoscono abbastanza la disonestà dei nostri governanti da sapere che si cerca di far credere che siamo in uno stato di diritto, mentre siamo in uno stato di dovere. Lo stato non rispetta la legge che chiede venga rispettata. Si prende gioco dei nostri corpi, della nostra fiducia, del nostro denaro e della nostra dignità. Ci chiede di stare in ginocchio, è un imperativo categorico.
Vi scrivo questa lettera, a voi come a tutti quelli che mi leggeranno, per farvi sapere che capisco oggi più che mai quanto la non violenza nei casi di crimini di stato abbia i suoi limiti. La non-violenza, a causa della sua impotenza, è a volte più condannabile, più mortifera che la violenza stessa. Le persone che ci governano sono disoneste, arriviste, sadiche e recidive. Devono andarsene con ogni mezzo necessario.

 

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