Su quanto successo a Parigi il 7 gennaio..

7.1.2015. 23.14. scrivevo:
ieri mattina ho buttato giù un testo sulle sentinelle. ho usato parole come fondamentalista, fascista, violenza (in più versioni..), odio, privilegio, mortifera, crudele. stamattina questo. LA VIOLENZA. eppure davanti a questo, l’uso di quegli aggettivi non li rinnego neanche per un minuto. non li rinnego. la testa mi vola confusamente per associazione ai “civili” stati uniti, quelli in cui si uccidono i medici che praticano l’ivg. al militante di casa pound gianluca misseri, che ha aperto il fuoco a firenze. a chi è stat_ suicidat_ dalla morale cattolica. agli algerini e alle algerine ammazzate in francia cinquant’anni fa (che non era terrorismo quello?). ecco, l’uso di quegli aggettivi me lo rivendico, proprio dopo tutto questo. contro chi vuole mostrare che il fondamentalismo è solo uno, o che la barbarie è solo da una parte. che ci sono culture e religioni intolleranti e altre no. per dire, mi incazzo e mi sono incazzata in senegal, quanto in queste itaglie. ho cercato e cerco di trovar modo per parlare e disinnescare, in senegal, quanto in queste itaglie. entrambe in ampissima parte sessiste e omofobe. la verità però è che, nonostante l’idiozia mainstream cerchi di ricondurla su questo piano,  sull’ennesima contrapposizione noi/loro, questo non è proprio il punto. stamattina ho avuto paura, di quanta violenza fascista e razzista quello che è successo oggi possa scatenare. ho avuto paura e ne ho ancora. e sentire prima in radio i deliri di borghezio non ha aiutato. come leggere della protervia di quel pezzo di merda di bitonci (andatevi a cercare voi cosa ha detto sul sito del mattinodipadova, io non voglio più dare eco a quel giornale). le misure repressive che da oggi si aprono. la consapevolezza che non sarà facile. il delirio islamofobico che sarà ancora più devastante. e che temo ci allontanerà sempre di più, da quei giovani delle “comunità migranti” di cui si parlava nel testo di dinamopress, che comunità migranti ormai non sono. sono “europei” e si son beccati per decenni il razzismo, l’esclusione, la guerra, con altri mezzi. la racaille (ricordiamo?). sto di merda. e avrei voglia di fumare una cicca che non finisca più. secco la bottiglia. saluti.”
 
Prima mi son svegliata pensando di tradurre un testo, ma ho visto che i compagn* di infoaut l’han già tradotto stanotte. Quindi l’ho ripigliato da loro, e lo rimbalzo riletto anche qui, perché c’è bisogno di cercare di ragionare. Perché a me, ora, il problema da porsi sembra come disinnescare il fatto che il fascismo fondamentalista islamico si diffonda come contro-cultura fica, movimentista, “futurista” nel deserto sociale ed economico francese, quello del razzismo e della guerra alla povertà. (Oltre ad impegnarsi e moltiplicare le lotte antifasciste, antirazziste, antisessiste, antideportazioni, in Francia, in Italia, in Europa). Come e cosa fare, senza partecipare alla mission civilizatrice coloniale e razzista repubblicana. Come e cosa fare, senza indugiare in pietismi, buonismi, o autocensure. E’ il problema di sempre, quasi inaffrontabile, ma forse l’unico che può portare a qualcosa.

“È mezzanotte meno un quarto nel secolo. Siamo ad un punto di ribaltamento storico nell’islamofobia e nello scatenarsi del razzismo in Francia e più largamente in Europa. La lettura semplificata all’estremo dai media di questa giornata del 7 gennaio 2015 andrà a riassumersi e imprimersi in numerose menti come “l’attacco assassino contro un giornale “di sinistra” da parte di Musulmani”. Questo destabilizzerà e rovescerà dei posizionamenti politici. La Paura, la collera, lo sbigottimento, l’incomprensione, il panico morale lasceranno in alcuni ampiamente spazio all’Odio.

Al di là dei parametri di opportunità militare che hanno potuto giustificare la scelta di questo giornale dal commando, quest’attacco corrisponde a una logica e a una visione politica dei Tak-taks: precipitare lo scontro e la radicalizzazione di frazioni importanti della popolazione. Charlie Hebdo gode di un capitale simbolico ancore importante a sinistra: è ancora considerato da numerose persone come antirazzista e incarnante la libertà d’espressione. Non sono Minute o le Figaro che sono stati presi di mira. I tak-tak sanno che se la diga antirazzista di sinistra salta, allora è tutta l’Europa che si riversa nello scatenarsi d’una violenza razzista simbolica e fisica di cui i musulmani sono le prime prede. In questo scenario, i guerrieri tak-tak che s’immaginano in difensori dell’Islam sperano che le popolazioni musulmane, allora violentemente oppresse, verranno a trovare protezione dietro di loro. Un po’ come i sionisti sempre pronti a strumentalizzare le ondate di antisemitismo per giustificare l’esistenza dello stato d’Israele come rifugio delle popolazioni ebraiche oppresse, i tak-tak hanno bisogno che l’Islam sia oppresso per conquistare i cuori dei credenti.

Evitiamo d’essere ipocriti, Charlie Hebdo non è un amico politico. Da anni, è finito nel campo del pensiero dominante e partecipa allo sviluppo di un’islamofobia di sinistra. Ma nessuno può nè deve rallegrarsi dell’esecuzione dei suoi giornalisti. Niente può giustificare quest’atto nel contesto attuale della Francia. Quest’attacco però non deve neanche far tacere le critiche su Charlie Hebdo e sulla stampa in generale circa la sua linea redazionale ed umoristica islamofoba. Oggi portare la guerra nella sala stampa di Charlie Hebdo è come mettere una bomba alla stazione di Bologna. È un atto di terrore per disorientare.

Su quest’atto, complottismo e islamofobia prospereranno. L’attacco contro Charlie Hebdo permette di prendere in ostaggio milioni di persone di confessione musulmana in Francia e in Europa.

I soli vincitori in quest’attacco sono i reazionari di ogni sponda, islamofobi in testa. Davanti a loro i tak-tak, che vogliono che una comunità musulmana eterogenea si chiuda su sé stessa, si fregano le mani. Quest’attacco, è un lucchetto messo lì per bloccarci tra il martello dei takfir e l’incudine del neo-liberalismo.

Le molteplici sensibilità presenti nei quartieri dovranno affrontare l’ingiunzione tra lo scegliere l’arruolamento alla Causa nazionale o la marginalizzazione e la criminalizzazione.

Temiamo che le condizioni che hanno permesso l’arrivo di una tale catastrofe fossero riunite. Il Partito Socialista ha liquidato per anni ogni opposizione di sinistra, soprattutto quelle che cercavano di costruirsi nei quartieri popolari. Questo ha contribuito a lasciare terreno libero a ciò che di peggio si può fare in materia di nichilismo. Perché al di là della linea reazionaria, ciò che caratterizza questo genere d’azioni è l’impasse economia e sociale nella quale si ritrova l’Europa ad ogni crisi economica. Il nichilismo di una parte dei nostri prospera sulla miseria che seminano i governi capitalisti in Europa.

Ciò che è successo questo 7 gennaio è la possibilità offerta dai tak-tak a coloro che ci opprimono di recidere ogni legame di solidarietà e di distruggere una comunità di destino tra credenti e non credenti. È la possibilità di condannare in anticipo chiunque in funzione del suo credo o del suo aspetto.

Le analisi faziose che servono da propaganda ai peggiori reazionari, gli appelli all’ordine repubblicano, all’unità nazionale, alla laicità, alla libertà d’espressione, alla democrazia parlamentare come bastione davanti alla barbarie del nemico interno ci cascano addosso come un’onda frangente. In questo contesto il ritornello sul “buonismo” di cui “la sinistra colpevole” ha dato prova nei confronti dell’immigrazione e dei.lle musulmane.i rischia di far entrare molte persone ragionevoli nel campo dell’odio verso l’altro.

La popolazione che vive in Francia si trova incastrata, in questo contesto di crisi economia, tra l’incudine neo-liberale che non dà altra soluzione che quella individuale e il martello reazionario che pone le origini culturali o biologiche delle classi popolari in competizione tra loro. La sola cosa da fare è tenere la linea che ci permette di uscire da questa trappola: battersi collettivamente per la giustizia economica e sociale. Presi tra l’incudine e il martello dobbiamo fermare il fabbro. In questo periodo scuro dobbiamo ispirarci con ciò che succede altrove nel mondo come in Kurdistan, incastrato tra l’imperialismo occidentale e i reazionari di Daesh. Qui come altrove, abbiamo la possibilità di creare le condizioni della nostra liberazione”.

Poi, qua ci son altre riflessioni, sull’islamofobia, che sarebbero da leggersi.
http://quartierslibres.wordpress.com/2014/07/25/pas-dislamophobie-au-nom-des-idees-libertaires/
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