Di solidarietà e complicità con la resistenza palestinese..
lascio qui uno stralcio di una conversazione appena avuta con una sorella che è in cisgiordania da parecchi mesi, e che la cisgiordania la conosce bene. non parla da gaza, e quindi si tratta di una prospettiva diversa da cui sta vivendo, e da cui le persone palestinesi con cui lei vive, stanno vivendo il massacro in corso. però penso che possa interessarvi comunque.. nel senso a me è servito per riflettere un attimo ancora di più sul senso delle azioni che possiamo stare portando avanti in questi giorni.
“io: stasera vado qua per quel che nulla serve.. stan circolando mail per raccoglier su medicinali, boh. ma tanto mi sa che c’è ben poco che si possa fare…
lei: in realtà i palestinesi sono super contenti delle manifestazioni in europa e ringraziano..dicono che nemmeno gli arabi hanno dato solidarietà. e a me hanno chiesto di organizzare manif quando torno.. per es. l’italia si è astenuta dall’appoggiare l’indagine dell’onu sui crimini di guerra di israele.. quindi questo è un punto di pressione importante da fare internamente e da portare nelle strade e mostrare le complicità.. perchè il senso di impotenza è trasversale che siamo italiani europei o palestinesi. ma allo stesso tempo ci siamo tutti dentro. secondo me questo è da portare nelle piazze. le manifestazioni oggi dovrebbero essere anche contro il governo italiano…
poi hamas.. un altro problema nostro con cui dovremmo confrontarci è che non è che poi decidiamo noi cosa devono volere gli altri
io: si appunto
lei: mi sembra un altro fascismo rovesciato
io: è anche per questo che il discorso siamo tutti palestinesi, che viene portato in piazza, e anche a volte usato nei comunicati mi perplime
lei: siamo tutti palestinesi. qualcuno me lo deve aver citato, forse h. con soddisfazione
io: si?
lei: sì
io: boh a me perplime, io non mi sento di dirlo
lei: beh da qui, che sembra il mondo non ti caghi mai, le folle nelle piazze che dicono “siamo palestinesi” t’immagini che risonanza ha per i palestinesi stessi? è dimostrazione di solidarietà forte e pubblica.. in senso strategico e pubblico va bene. poi lo sanno pure qui che sotto le bombe ci finiscono loro, ma come pratica è apprezzata. ne discutevamo anche ieri io e shurooq, la solidarietà internazionale è super apprezzata (…)
hamas è riuscita a porre delle condizioni, a farle pronunciare anche all’anp e abu mazen (che ieri nel discorso ha salutato la resistenza, cosa inaudita da anni). e le condizioni sono a mio parere PERFETTE. quindi bisonga riconoscere ad hamas una capacità politica. e a tutta la gente che muore una capacità di sopportazione e di incazzatura duratura che non li fa schiavi. quelle condizioni lì sono le condizioni per far finire l’occupazione, è questo che hamas sta riuscendo a portare sulla scena pubblica dopo decenni, secondo me. a mio parere hamas DEVE diventare un interlocutore
1. perchè hamas è una forza dell’islamismo moderato, nonostante l’opinione pubblica internazionale, e se non c’è si dà spazio ai gruppuscoli salafiti (quelli che per es., hanno ammazzato arrigoni)
2. perchè ha dimostrato saper-fare politico e questo è riconosciuto da tutti qui, quindi è aumentato anche il supporto popolare, secondo me non tanto ad hamas, ma alla resistenza che ha diretto
3. perchè se la maggiornaza dei palestinesi volgiono hamas (vedi elezioni 2006), devono avere hamas, secondo il principio democratico
4. perchè solo quando hamas potrà governare, potranno emergere anche tutte le contraddizioni e i conflitti interni su un programma politico che certamente non può essere condiviso da tutti i palestinesi. finchè hamas resta clandestina, tutto questo non può emergere e quindi i palestinesi non possono crescere
(nel senso non evolutivo, ma che questi orizzonti sempre bloccati non permettono di ragionare davvero sui contenuti di quale tipo di stato e società poi si vorrebbe)
io la vedo così e in ogni caso hamas non mi fa troppa paura
e in ogni caso i razzi non li sta lanciando solo hamas, ma anche il fronte popolare, per es., cioè la sinistra
e il jihad islamico nonostante il nome è un partito che nasce distaccandosi da fatah e che non ha per obiettivo lo stato islamico
quindi c’è anche da riconoscere la nostra ignoranza sulla complessità della realtà politica qui, io credo anche da riconoscere l’esistenza di culture politiche diverse
non egalitarie, gerarchiche e funzionanti e accettate in quanto tali
(vedi per es. gestione dei rapporti fra i sessi)
il che però non implica automaticamente un uso violento dell’autorità o del potere
in questo io mi sentirei di dire fidiamoci
io: in che senso fidiamoci?
lei: fidiamoci cioè anche del buon senso degli altri anche se non corrisponde esattamente a quello che noi vorremmo e desideriamo per noi
io: si anche perché noi, non siamo “cittadini” palestinesi
lei: esatto. e in questo ci sta riprendere anche che tipo di solidarietà si sta esprimendo”
“ah una roba forse da dire sul ragazzo e l’uomo morti a husan, villaggio vicino a betlemme, è che qua si muovono i villaggi per andare a fare le condoglianze e che sono morti politiche, per questo si chiamano martiri, anche se anche questo non ci piace”
“la parola è resistenza, muqawwama. hamas non parla di jihad ma di muqawwama, cioè resistenza. non so poi come traducono lì”
qui trovate i report e le fotografie scattate da anne, una fotografa francese, membro del collettivo Activestills, che è riuscita ad entrare a Gaza il 14 luglio..
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