Di pesce, piroghe e tentacoli d’imperialismo… pt. 1 Sahara Occidentale

Qua si è confuse, di ritorno da un mese di viaggio in africa dell’ovest, in parte decisamente troppo veloce per qualsiasi cosa. (che poi il fatto di pensar di partire all’ultimo nel giro di qualche giorno e con lo zaino appesantito dagli incubi che mi porto ancora appresso… insomma, nonostante l’entusiasmo e la contentezza, non sono le condizioni migliori per star lucide e attente e organizzarsi a d’uopo per provare a crear brecce di comprensione del circostante).
Comunque, da rabat a dakar. La strada dei senegalesi che tornano a casa in macchina e che decido un po’ paradossalmente di rendere mia vacanza.

Un viaggio via terra ma costeggiando quasi sempre l’oceano atlantico e il suo implacabile vento, che mi sta mancando (grata per il senso di pulizia esistenzial e benessere che mi lasciava sul volto..). Di nuovo davanti agli occhi le ondone e le segrete vie battute dalle piroghe, osservate con preoccupato incanto in questi anni. (lì, con l’oceano di fronte, a chiedermi come riescano i pescatori, e chi ha cercato di partire per l’europa, a mettersi tra quelle correnti per settimane intere senza metter piede su terra, rinchiudendo il proprio corpo e azzerando i propri passi in centrimetri quadrati creati con legno, pece e qualche chiodo. alla faccia dell’affidarsi..).
Un viaggio attraversando bizzarre frontiere, di cui forse scriverò in futuro; finendo coinvolta dentro dure forme di relazionalità che attorno a quei lembi di terra militarizzati incancreniscono. Lo stato nazione, sempre lui, nelle sue molteplici e uguali forme. Con i suoi uomini in divisa a riprodurre razzismi, gerarchie e sopraffazione.  (Anche in Africa, anche e proprio tra africani. Ma questa è un’altra storia, pur essendo la stessa).
Un’amica mi ha chiesto un intervento in una radio, per raccontare in qualche modo questo viaggio. E allora ecco, il tema del giorno: pesce, piroghe e nuovi imperialismi. In marocco, mauritania e senegal. O meglio in territorio saharawi, mauritano e senegalese. Unione Europea e Repubblica Popolare Cinese le big stars, ad esercitare nuove forme di egemonia e dominio. Assieme a quello interno esercitato dallo stato marocchino, per quel che riguarda il sahara occidentale.
Lascio qui quindi tracce di articoli, informazioni che avrei voluto sapere prima di partire, appunti per chi voglia organizzare un nuovo viaggio in queste terre.
Arriviamo a Dakhla il 20 maggio. Città più vicina alla nomansland con la Mauritania, Dakhla si trova nel Sahara Occidentale ed è occupata, dal 1979, dallo stato marocchino e dai suoi re MOrdinali. Prima di allora, e fino al 1975, Dakhla era chiamata Villa Cisneros, città principale della colonia spagnola di Rio de Oro. a fine ‘800 gli spagnoli vi si erano infatti insediati creando una fabbrica di lavorazione del pesce. Durante la dittatura franchista, e già durante gli anni della Rivoluzione, costituiva anche una colonia penitenziaria in cui venivano deportati e imprigionati gli oppositori politici.
Oltre ad ignorare la storia di questa zona (che è ben più complessa di come l’ho sintetizzata… qua ci son delle tesi sul POLISARIO che permettono di capire qualcosa) ignoravo il fatto che anche qui, come negli altri paesi africani più a sud lungo la costa, l’Unione Europea e la Cina stanno firmando degli accordi di usufrutto delle acque nazionali.. Nel 2013 è stato bloccato l’accesso al porto all’agenzia ONU che dovrebbe occuparsi del diritto all’autodeterminazione politica del popolo saharawi (ma dal 1991 nessun referendum è stato ancora fatto).  Il popolo saharawi ha infatti accesso solo al 6,2% del pesce che transita per il porto di Dakhla, il resto viene rivenduto in Marocco, o rilavorato per poi esser rivenduto in Europa e Cina. è anche per questo motivo che nell’estate del 2013 i pescatori saharawi che lavorano come subordinati nei pescherecci hanno più volte bloccato la strada principale di accesso al porto, denunciando la sovrapesca e il fatto che questa venga esercitata sotto occupazione.
Nello stesso periodo inoltre si avviavano i lavori di ampliamento del porto di Dakhla da parte di MOrdinale6. Sempre nel 2013 sono stati infatti firmati nuovi accordi UE-Marocco, denunciati dal POLISARIO come l’ennesimo atto coloniale marocchino, sostenuto da un’Europa che se a parole sembra parzialmente riconoscere l’illegittimità della presenza marocchina nell’area, di fatto la rinforza e mangia nel piatto delle risorse a disposizione. «La dotazione finanziaria complessiva per il Marocco è stimata a 40 milioni di euro – spiega una nota di Bruxelles  – Più precisamente, il costo totale del nuovo protocollo per l’Ue ammonterà a 30 milioni di euro all’anno, di cui 16 milioni come compensazione al Marocco per l’accesso alla risorsa. Gli altri 14 milioni di euro serviranno a sostenere il settore della pesca nel Paese, mentre il contributo degli armatori è stimato a 10 milioni di euro». Mohamed Sidati, il ministro delegato presso l’Unione europea del governo in esilio della Repubblica Araba Saharaui Democratica, l’ex Sahara spagnolo occupato dai marocchini.  L’esponente del Frente popular de liberación de Saguía el Hamra y Rio de Oro (Polisario), ha condannato il nuovo protocollo dicendo che «Con una procedura offensiva e segreta, che ha escluso sia gli Stati membri dell’Ue che il Fronte Polisario , che è il solo rappresentante del popolo saharaui, la Commissione europea tenta di spingere l’Ue verso un accordo illecito ed illegale con il Marocco, che riprenderà la pratica inaccettabile delle autorità marocchine che approfittano delle acque del Sahara occidentale occupato  illegalmente per l’accesso delle navi dell’Ue e per pescarci». Sidati ha ricordato che «Nel dicembre 2011, il Parlamento europeo ha votato per revocare il protocollo provvisorio e ritirare le navi da pesca dell’Ue, dopo il fallimento dalla Commissione europea di assicurarsi  che il protocollo fosse conforme al diritto internazionale per quel che riguarda il Sahara occidentale. Noi ci aspettiamo che gli Stati membri dell’Ue ed il Parlamento europeo agiscano nuovamente al fine di rispettare il diritto internazionale, rigettando questo nuovo protocollo» (…).
In giro in rete potete trovare numerosi articoli che riportano l’evolversi della questione e altri di approfondimento,  tra cui questo report di greenpeace e soprattutto questo sito-osservatorio contro la pesca europea in territorio saharawi.
Prima “banalità”scoperta: il marocco è non solo una teocrazia (la sudditanza ad MOrdinale6 che con la sua immagine è ovunque) ma anche uno stato coloniale, sotto molteplici modi e contro diverse popolazioni. E questa cosa ricordiamocela quando ci muoviamo da quelle parti. Sta occupando il Saraha Occidentale, e negli anni 1980 ci ha costruito un muro, ben più lungo di quello israeliano. 2700 km di fossati, filo spinato e mine.
Sono anche quelle risorse rubate in Sahara che gli stanno permettendo di essere polo di immigrazione in tutto il continente africano. E come paese di transito, che purtroppo diventa d’immigrazione, non solo fa da cane da guardia dell’Europa (e le forze dell’ordine marocchine sanno fare benissimo il loro schifoso lavoro) ma ad esempio sfrutta e violenta anche i corpi lavoranti delle donne africane, subsahariane e non. (Oltre al fatto che sì, si sta proponendo non solo come mastino ma anche come mediatore, rappresentante e broker dell’africa dell’ovest con la UE. Basta leggere il testo dell’intervento di M6 al summit tenutosi a Bruxelles in aprile sulle relazioni Africa-Europa).
Seconda scoperta “banalità”: la pesca è una risorsa centrale, ancora di più quando rientra nel sistema capitalistico, che fa del pesce non solo un alimento immediato ma lo inserisce nelle filiere della lavorazione e nel magico mondo del trasporto di merci. Questo discorso cercherò di approfondirlo meglio nella prossima puntata, sulla Mauritania. Ma ha ovvimanete senso farlo anche per k’Itaglia. E qui concludo.. il temibile passaggio della NoMansLand tra Marocco e Mauritania l’abbiam fatto sui sedili della toyota di Montepertini: un altro uomo senegalese che tra poco diventerà italiano (alla facciaccia dei tifosi itaglioti) e che per anni ha fatto il camionista. Trasportando, giustappunto, prodotti ittici 🙂 Pesce “fresco”, come le etichette e i documenti che venivano ritoccati. Pesce e crostacei “freschi” che da verona venivan rivenduti sui banchi del mercato di pesce di civitanova marche, bari, finanche.. udite udite.. in Sardegna! Buon appetito!
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