sacrifici.. restiamo incazzat*
e allora la svuoto tutta questa storia.. in freeeeveryemotivstyle..
nei paesi musulmani mercoledì è stata la festa del sacrificio (ibramo, isacco e l’agnello), in senegal si chiama tabaski, si uccide anche lì il montone (!).. ci si chiama per far gli auguri.. festeggiare.
mi chiama quest’uomo, mio amico, che anni fa è stato costretto a tornare indietro dall’italia per casini con la Legge, non voleva riassaggiare la galera ed è tornato dopo 19 anni passati in sto paese. è tornato nel quartiere da cui era partito, con qualche soldino da parte che ha presto perso. ora là è vecchio per ritrovarsi un salario (che comunque non si trova), ha dei terreni al villaggio con cui cerca di fare il contadino e mandare avanti la baracca. e lo fa, come tutt* le altr*, spaccandosi la schiena perché un cavallo costa troppo, e dove ha le terre lui non ci son pozzi, e già trovare i soldi per le sementi è un bel problemone.
c’eravamo sentiti un mese fa, mi aveva “”chiesto”” un prestito, perché non avendo più soldi e non avendo ancora fatto il raccolto, voleva provare a tirare su dei soldini commerciando le pecore.. prima della festa il prezzo delle pecore sale, e se sai come fare, puoi riuscire a tirar su qualcosa comprandole nei villaggi e rivendendole in città. così 60 euro gli son arrivati dalla sottoscritta (e alle mie amiche antispeciste non so veramente che dire), ed è riuscito a tirarne su 160.
che ha perso negli ultimi due giorni, perché tornato in città ha trovato sua moglie ricoverata d’urgenza. una visita la paghi 11 euro, un ricovero d’urgenza l’ha pagato 61, per le medicine ne son partiti altri 70 ma non ha ancora finito di comprarle tutte. e poi, nel frattempo bisogna mangiare e, per dire, il taxi per andare in ospedale, ne costa già 1,50 a tratta. e non stiamo ovviamente parlando di cliniche private, ma degli ospedali “””pubblici””, in cui ti fai le tue ore di attesa, con gente collassata per terra perché non ci sono le barelle, i medici che oberati di lavoro ti trattano come un* deficiente e quindi devi affidarti completamente alla loro autorità senza mezzi per capire, ecc.ecc.ecc.
la moglie stava disidrata e sfinita e stava per lasciarci le penne, perché al di là del diabete e di un fibroma all’utero, le settimane passate si è dovuta sparare a piedi na decina di kilometri al giorno per prendere l’acqua e portarla a casa. (a fine settembre infatti la rete idrica di Dakar è saltata, e interi quartieri son rimasti senz’acqua. è il periodo più caldo dell’anno questo, e devi bere, lavarti, cucinare, defecare cercando di mantenere un minimo d’igiene per non prenderti altre malattie).
quindi era festa, lui mi chiama il giorno dopo per scusarsi di non avermi chiamato per gli auguri, e mi racconta cosa è successo, e accenna timidamente al fatto che ci son ancora 16 euro di medicine da comprare e che lui non c’ha più nulla.
questa è la “storiella”. personale. soggettiva. di povertà. una delle miliardi che succedono ogni giorno in ogni angolo del pianeta. italia ovviamente inclusa. una delle tante che ho visto là in senegal, l’ultima per ora.
questa è la storia, la situazione “individuale”. che è povertà da un lato e che mi sembra abbia come unica risposta possibile immediata dei gesti altrettanto individuali di “beneficenza”. che chiamano in causa me, da questa parte del pianeta, che fa COMUNQUE parte di un occidente che ha depredato, ammazzato, e si è creato una sanità di base “gratuita” anche sulla pelle loro, dei loro genitori, nonni, e avi. (io sono tornata “a casa”, loro sono ancora lì a vivere sotto un tetto di amianto). situazioni di povertà che a livello micro mettono in gioco me, il mio amico, sua moglie e i parenti con cui vive. il fatto che mi hanno ospitato, mi hanno offerto da mangiare quando ero in senegal, mi hanno dato affetto nei miei momenti di solitudine, e ancora peggio “informazioni”. “informazioni” che sto usando anche per provare a costruirmi il “mio presente e futuro sostenibile”. perché al di là di tutto, approfittando di un sapere disciplinare che comunque mi appassiona e dei brandelli dell’università pubblica italiana, son riuscita a prendermi 1000 euro al mese per tre anni, e mi son mantenuta, usando anche la loro vita, e raccontando la loro miseria in convegni e in altri assembramenti di elites (composte da giovan* precar*, che sono presi nella mia stessa trappola, e mettono anche loro a difficoltà insieme l’affitto con la birretta e/o il concerto distensivo, ma anche da uomini e donne che guadagnano di stipendio base 90.000 euro all’anno).
e non è per produrre vittimismo, o riduzionismo (come se non esistessero forme di accumulazione predatoria da parte dei/delle cittadin* senegales*, o come se tutt* i migrant* che ho incontrato sono nella merda come questa famiglia). e non voglio neanche fare della pornografia umanitaria (come lo sporco lavoro delle ong che ti buttano in prima pagina il bambino denutrito). ma il punto centrale, mi sembra, è che la violenza è lì sempre presente, e per quanto un* cerchi di decostruirli, frantumarli, combatterli, i rapporti di potere sono dannatamente sproporzionati. e ti mettono nella condizione di non riuscire a far altro che dare risposte.tampone individuali.
e questo non lo dico pensando solo all’africa, ai/le migrant* che si barcamenano in italia, ma perché ci sono una quantità di situazioni di crisi “individuali”, anche per chi ha i documenti giusti, che rimangono tali, che rimangono isolate, che non si ha la forza per risolverle altrimenti. perché l’immediato ti fotte. e non è vero che se non si ha nulla da perdere si finisca per fare i “rivoluzionari”, perché ci vuole forza e reti sociali per uscirne, per trasformare ogni volta il personale in politico.
e anche se non mi ha chiesto nulla, ora prenderò comunque trenta euro (che a sto giro ce li ho) e andrò in una cazzo di money transfert, che se ne ciuccierà almeno 5. con la consapevolezza di non aver risolto assolutamente nulla, e col senso di rabbia e di frustrazione per aver solo contribuito allo stato di cose presenti.
però poi domani si scende in strada (grazie a chi si è preso le ennesime manganellate l’altro giorno ad ancona, a chi si sbatte da anni per dare risposte collettive alla messa in povertà, chi occupa case, chi rimanda sfratti, chi va a prendersi collettivamente pezzi di welfare e reddito dalle istituzioni pubbliche e private). e che almeno questa storia, che sono tante nostre ed altre storie, ci aiuti a non perderci lungo il cammino, ci renda sempre più lucid*, consapevol* e sald*.
courage
(non c’entra nulla ma mi salvo qui due testi, uno sulla penalizzazione del revisionismo, appunti di wuming1, e l’altro un’efficace autocritica femminista sulla rivendicazione dell’uguaglianza di genere e il rafforzamento del neoliberismo)